Basta un algoritmo per ridurre il numero il traffico del 30%. E’ finita sulla copertina di Nature la ricerca coordinata dal Cnr-Iit di Pisa e dal Mit di Boston che dimostra come è possibile rendere più efficienti gli spostamenti con una semplice applicazione. Un team di ricercatori ha elaborato un sistema matematico-informatico in grado di ridurre del 30% le flotte di autoveicoli come quella dei taxi di New York, garantendo gli stessi livelli di servizio, senza ricorrere a viaggi condivisi.
I ricercatori hanno utilizzato un metodo innovativo che si basa su un modello chiamato “rete di condivisione dei veicoli”. Ogni viaggio in taxi è stato monitorato in base a quattro parametri: tempo, coordinate Gps al punto di raccolta, coordinate al punto di discesa del passeggero. L’algoritmo ha poi individuato la serie di viaggi che può essere servita da un singolo veicolo, con il minimo tempo di percorrenza tra ciascun punto di raccolta e di discesa. Il test ha coinvolto 13.500 taxi di New York e nel corso di un anno sono stati calcolati i percorsi di 150 milioni di viaggi. I risultati della ricerca dimostrano come è possibile ridurre il numero dei taxi del 30%, fornendo gli stessi livelli di servizi per chi viaggia.
Il futuro della mobilità
Lo studio non si applica solo ai taxi, ma potenzialmente a tutte le guide autonome che potrebbero in futuro sostituire i mezzi attuali. “I precedenti tentativi dei ricercatori di ridurre le flotte di veicoli potevano funzionare per piccole quantità e non per i grandi numeri di città come New York, Milano o Roma, mentre il nostro studio rivela come è possibile ridurre in maniera significativa anche flotte molto numerose”, spiega Paolo Santi del Cnr-Iit. “Le auto private lasceranno gradualmente il posto a servizi di mobilità condivisa”, continua Santi, “con operatori che offriranno diverse modalità di trasporto su richiesta. Così come l’avvento delle auto a guida autonoma e l’emergere di nuovi servizi di mobilità on-demand come Uber e Lyft, cambieranno radicalmente il modo di viaggiare nelle città del futuro”.
Estratto dell’articolo di Nature