Tradizioni

San Biagio ed il rito della “benedizione della gola”

In molti paesi abruzzesi il 3 febbraio è una data caratteristica legata ad una tradizione religiosa ma anche, come spesso succede per altre festività, ad una tradizione culinaria. Infatti, in questa giornata sul calendario ricorre la festività di San Biagio, molto sentita in alcune zone della regione. Medico di origine armena che visse nel IV secolo, divenne vescovo della città di Sebaste ed operò numerosi miracoli, soprattutto legati ad una specifica parte del corpo che valsero al santo la nomina di Protettore della gola. A questo particolare è legato il rito della “benedizione della gola”, che si svolge in molte parti d’Italia: è tradizione infatti introdurre, nel mezzo della celebrazione liturgica, una speciale benedizione alle “gole” dei fedeli, che viene impartita dal parroco incrociando due candele e pronunciando una formula.

Alla festa sacra si accompagna quella profana e popolare e la tradizione culinaria legata a questa festività prevede più varianti, in base alla zona regionale in cui viene omaggiato il Santo:

  • la preparazione dei famosi taralli e tarallucci, particolarmente diffusi nel pescarese, vengono preparati con devozione dalle massaie abruzzesi e portati in Chiesa per essere benedetti nel giorno dedicato al Santo. Ne esistono varianti dolci e salate, l’essenziale è però la loro forma a ciambella che ricorda simbolicamente la gola, di cui San Biagio è protettore. Dopo la loro benedizione vengono distribuiti a parenti ed amici perché possano consumarli e ricevere la protezione del Santo, come un auspicio a proteggere la gola dai mali che potrebbero interessarla.
  • Un rito singolare, che risale al XVI secolo, viene perpetuato a Taranta Peligna, cittadina ai piedi della Maiella: dalla sera del 31 gennaio, presso la sede della confraternita di San Biagio, i confrati, assistiti dai devoti, iniziano ad ammassare la pasta per i panini sacri chiamati panicelle. Saranno le donne poi a confezionarli con la forma tipica delle quattro dita unite, come una mano benedicente, ed a segnarle con il marchio del santo protettore. La mattina del giorno 3, le panicelle vengono portate in chiesa e benedette per poi essere distribuiti tra i fedeli per preservarli dal mal di gola.
  • A L’Aquila nelle case e nei panifici si prepara la “ciambella” chiamata anche torta o pizza di San Biagio: è una ciambella grande condita con uvetta, anice, ciliegie candite e decorata con granella di zucchero, che ogni famiglia porta in Chiesa il giorno dedicato al Santo, per essere benedetta e consumata. Nella città la devozione a San Biagio divenne anche un rito di ringraziamento per quanti scamparono al terremoto del 2 febbraio del 1703.
  • Anche a Lanciano, in provincia di Chieti, si preparano le ciambelle; qui però vengono ricoperte di granella di zucchero e semi di finocchio e vengono portate anche queste in Chiesa la mattina del 3 febbraio, per essere benedette dal sacerdote.
  • A Pescasseroli, famosa località sciistica della regione, la festa per San Biagio è detta “biagiola“: il 3 febbraio, durante la funzione liturgica in chiesa, si benedicono non solo le gole dei fedeli, ma anche dolci, caramelle e zollette di zucchero che i fedeli portano con sé, portando avanti la tradizione che nei periodi della transumanza era tipica dei pastori, i quali portavano a benedire le zollette dalla Puglia, per poi custodirle gelosamente e consumarle solo in caso di problemi alle vie respiratorie.

Un’occasione questa per scoprire le tradizioni del territorio ma anche nuovi sapori legati alla stagionalità.

Le panicelle di Taranta Peligna. Credits: Americo Tangredi
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