“Vai con chi è meglio di te e fagli le spese” non è un aforisma di Ennio Flaiano. Anche perché non è un aforisma, è piuttosto un proverbio che sa di cultura popolare e invita con lungimiranza a frequentare e coltivare i rapporti con persone di gran qualità perché alla fine ci si arricchisce sempre in termini di crescita personale.
Capita così, non per caso, che curiosando in rete ci si possa imbattere in una fotografia in bianco e nero datata 1948 e scattata dal fotografo americano Irving Penn a Roma nella sala dello storico Caffè Greco di via Condotti. Disposti a ferro di cavallo intorno ai tavolinetti si vedono una donna e quattordici uomini. Tra questi un giovane Ennio Flaiano senza occhiali e senza pipa, quasi irriconoscibile coi baffetti non ancora baffoni.
È molto agevole scrivere di Flaiano, del suo nascere nel 1910 nella casa di Corso Manthonè a Pescara Vecchia e del suo legame indissolubile di amore-odio con Roma. Soprattutto con la Roma dei formidabili anni 50’ e 60’ quando, per raggiungerla in macchina dal capoluogo adriatico, la strada più comoda e veloce era ancora la vecchia Tiburtina visto che l’inaugurazione del primo tratto dell’autostrada A24 Roma-Tivoli sarebbe arrivata nel luglio del 1969.
Di Ennio Flaiano è peraltro molto facile mettere in fila l’intensa attività: giornalista nelle grandi testate italiane, sceneggiatore di film e critico cinematografico, scrittore di successo, fine drammaturgo, umorista ricercato e creatore di aforismi entrati nell’uso comune. E viene ancora più facile accostandolo alla rivista L’Europeo, alla via Veneto della Dolce Vita romana, agli alti e bassi con Federico Fellini e all’Oscar di 8½, a Tempo di Uccidere vincitore del Premio Strega e a quel marziano a Roma che atterrò a Villa Borghese.
Una fotografia del 1948 racconta la Roma artistica del dopoguerra
Potrebbe essere fin troppo semplice declinarne l’inquietudine intesa come tensione artistica volta a esplorare e, parallelamente, a cercar di comprendere il mondo con gli uomini che lo abitano per approdare a descriverne i difetti che li fanno umani. Se è vero che la creatività si ciba di inquietudine, è anche vero che non può bastare da sola a sfamarla e crescerla. Bisogna mettere degli altri ingredienti nella ricetta della grandezza di Ennio Flaiano. E per comprenderla appieno si può affondare il cucchiaio in quel brodo di coltura di arti mescolate nel calderone ribollente della Roma del dopoguerra. Si potrebbe muovere da quella foto al Caffè Greco e, uno per uno, dai soggetti in posa fissati da Penn sulla pellicola.
Al centro della sala e della tavola fotografica c’è il pittore Orfeo Tamburi e, partendo dalla sinistra, si riconosce il poeta e scrittore Aldo Palazzeschi. Dietro di lui il compositore Goffredo Petrassi, poi lo scultore Mirko Basaldella, lo scrittore e pittore Carlo Levi, in piedi lo scultore e pittore Pericle Fazzini, poi seduti il pittore Afro Basaldella e il pittore, illustratore, scenografo e incisore Renzo Vespignani. Ancora, in piedi, il poeta Sandro Penna e seduto davanti a lui il poeta, critico d’arte e narratore Libero De Libero, l’attrice Lea Padovani vicino al regista e attore americano Orson Welles, Il pittore Mario Mafai, Ennio Flaiano non ancora quarantenne e lo scrittore, sceneggiatore, drammaturgo, giornalista e docente Vitaliano Brancati.
Orfeo, Libero, Pericle, Aldo, Lea, Goffredo, Vitaliano, Renzo, Afro, Mario, Sandro, Mirko e appunto Ennio: nomi che strappano un sorriso malinconico nel pensare a quanto siano lontani nel tempo e, oggigiorno, a distanza siderale dalle scelte dei genitori per i nomi dei propri figli. Quella ritratta nella foto del 1948 al Caffè Greco però, è una compagnia che farà parlare di sé in ogni suo componente. Quindici uomini, compreso l’autore della foto, e una donna che lasceranno segni indelebili nella rinascita culturale e nell’affermazione internazionale dell’Italia in ognuna di quelle nobili arti nelle quali hanno eccelso.
I Premi Internazionali Flaiano: il Pegaso d’Oro
Dal 1973, a Pescara ogni estate si celebrano i Premi Internazionali dedicati a Ennio Flaiano seguendo Il filo conduttore concepito dal fondatore Edoardo Tiboni e cioè la produzione di fatti letterari, teatrali, cinematografici, televisivi e giornalistici. Un appuntamento di gran spessore che onora gli ospiti vincitori, nazionali e internazionali, con la consegna di una bellissima scultura di cavallo alato, uno dei riconoscimenti più ambìti nell’universo artistico e culturale. È il Pegaso d’Oro.
A riguardare la foto del Caffè Greco, inquadrando quell’Ennio Flaiano, appare in tutta la sua forza l’importanza di aver avuto e coltivato relazioni con una compagine così importante e variegata di scrittori, poeti, pittori, registi, attrici, giornalisti, illustratori, critici d’arte, narratori, compositori, fotografi, drammaturghi, scenografi e scultori.
E appare chiarissimo come sia più probabile scorgere un pegaso d’oro spiccare il volo nel cielo stellato che scovare un misantropo a scrivere di situazioni che sono sì gravi ma non sono serie.

