A Santo Stefano di Sessanio, in provincia dell’Aquila, si coltiva una famosa varietà di lenticchie che, per metodo di raccolta e caratteristiche, è anche presidio Slowfood. Sono un prodotto tradizionale della regione Abruzzo e hanno origini molto antiche risalenti al periodo dell’insediamento romano intorno all’anno 1.000. Ancora oggi queste lenticchie vengono coltivata lungo le pendici del Gran Sasso ad un altezza di 1.200/1.600 m s nei terreni che circondano quella nota come “Terra della Baronia” che comprende i borghi di Santo Stefano di Sessanio, Calascio, Rocca Calascio e Castel del Monte.
Non si tratta di una lenticchia qualsiasi ma di un biotipo preciso selezionatosi in questa zona da tempi immemori. Basti pensare che le coltivazioni di legumi, e in particolare di lenticchie, in questa zona dell’Aquilano sono già citate in documenti monastici dell’anno 998. Qui ha trovato un habitat ideale, fatto di inverni lunghi e rigidi e di primavere brevi e fresche.
È piccola e molto saporita: pochi millimetri di diametro, globosa e di colore scuro, marrone-violaceo. Per le loro piccole dimensioni e l’estrema permeabilità, le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio non hanno bisogno di alcun ammollo preliminare. Sono straordinariamente saporite e il modo migliore per apprezzarle è una zuppa molto semplice: bisogna coprirle con acqua e aggiungere spicchi d’aglio scamiciati, qualche foglia di alloro, sale, olio extravergine e portare quindi a leggera ebollizione, a pentola chiusa.
La raccolta avviene tra fine agosto e inizio settembre: le piante vengono prima falciate, raccolte in piccoli cumuli, lasciate seccare per due o tre settimane e infine trebbiate. Per festeggiarne il raccolto, ogni anno, nel primo weekend di settembre a Santo Stefano di Sessanio si celebra questo famoso legume con una speciale sagra durante la quale è possibile gustare piatti della tradizione contadina.