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Fara Filiorum Petri, si accende il Giubileo delle Farchie

 

A Fara Filiorum Petri (La Fa in dialetto locale), piccolo centro alle porte del Parco Nazionale della Majella nella valle del fiume Foro, il Sant’Antonio di gennaio si festeggia con le “farchie”.

Per quest’anno, l’evento si rinnova con una veste speciale in occasione del 25° anno giubilare. Con il tempo maturò infatti l’idea di accendere le Farchie ogni 25 anni in contrada Colle Selva dove, oltre 200 anni fa, avvenne il miracolo che ha dato origine al rito. Vi furono portate nel 1899, nel 1925 , nel 1949, nel 1974 e nel 1999.

Al tramonto del sole, il 16 gennaio di ogni anno, per la tradizionale festa di Sant’Antonio Abate, si innalzano e si incendiano con dei mortaretti le sommità delle farchie, fasci cilindrici di canne legati con rami di salice rosso, di altezza massima 10 metri. Come grandi torce, con fiamme che svolazzano in alto, tingono il cielo di rosso fuoco regalando al pubblico uno spettacolo unico avvolto da una magica atmosfera.

Questa festa folcloristica trae origine dalla credenza che il Santo avrebbe protetto Fara dall’invasione delle truppe francesi nel 1799, incendiando le querce che circondavano il paese. All’epoca Fara era protetta da un grande querceto in cui apparve S. Antonio nelle vesti di un generale che intimò alle truppe francesi di fermarsi  e di non oltrepassare la selva. Al loro diniego trasformò gli alberi in immense fiamme che fecero battere in ritirata i soldati.

Ma le Farchie non sono solo folclore, sono qualcosa di più, di più profondo, dove la collaborazione e lo spirito di comunità contribuiscono a un’atmosfera magica. Le Farchie si vivono notte e giorno per una settimana in ogni contrada del paese. Le aie, gli slarghi o le radure sono destinate alla loro preparazione anche se, per evitare che le canne si inumidiscano, vengono protetta da stand o teloni.

Le contrade di Fara, già dai primi di gennaio, preparano ognuna la propria farchia e le donne cucinano i piatti tipici della tradizione abruzzese. Tutta la festa è incentrata sull’ospitalità e quindi non si paga assolutamente nulla. Una volta completate, il 16 gennaio, vengono trasportate con dei trattori decorati nella piazza antistante la chiesa di S. Antonio Abate. Un suonatore di organetto detto anche “trevucette” si mette a cavallo della farchia mentre un tamburino si mette a capo del corteo. I contradaioli scaricano la farchia poggiandola sul suolo e al comando del capofarchia la innalzano e al tramonto viene accesa.

Alla fine dei festeggiamenti viene riconosciuta la farchia migliore. A detta dei partecipanti, la perfezione tecnica viene alla luce solo dopo che è stata innalzata. La verticalità, il giusto allineamento dei nodi, la corretta sistemazione delle canne per evitare rigonfiamenti o torsioni, sono i requisiti principali di giusta maestria nella costruzione della farchia, messi in relazione con le loro dimensioni.

Uno stornello dialettale ricorda con orgoglio i fatti del 1799, quando la piccola Fara respinse l’assalto dell’esercito rivoluzionario che aveva già preso tutte le città circonvicine:

“La Huardie l’han brusciate
Ursogne svreugnate
La Fare tante strette
Ha ammazzate lu picchette”.
I Francesi hanno bruciato Guardiagrele, conquistato Orsogna senza combattere mentre Fara tanto piccola ha ucciso il picchetto.

 

 

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